Novantesimo minuto (Ciampitti Franco, 1960)


Quarta di copertina - Soltanto uno scrittore in possesso di lunga e diretta esperienza sportiva poteva darci un romanzo come questo. Novantesimo minuto, pensato e scritto in una stesura quanto mai originale, si avvale, per rendere viva l'angoscia del protagonista, di un'altalena d'idee e di azioni spontanee tanto da parere ingenue; lo stesso imprevedibile epilogo, pervaso da un'umanissima sofferenza, appare come la conclusione amara di una vicenda veramente vissuta. Il racconto ha due sfondi: quello vicino della squadra per la quale l'atleta gioca, l'ambiente di cui egli è prigioniero, e quello immenso delle due metropoli, che nella concezione di lui se lo contendono. Derivano dal sovrapporsi sfasato di questi due fondali gli errori di prospettiva che gravano sull'uomo giovanissimo, travagliato dal dramma autentico, intimo, tutto suo e da quello immaginato nella folla e pur riflesso nel suo. Tutto ciò rende il personaggio schietto, sincero e lo distacca persino dal mondo in cui vive, creando un contrappunto bellissimo fra la tristezza di lui e la coralità indifferente o addirittura cattiva che gli sta intorno.
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